domenica 22 gennaio 2012

La Turandot di Puccini come inno escatologico


Giacomo Puccini musicò quest'opera negli ultimi anni della sua vita e fu costretto a lasciarla incompiuta, essendo morto in Svizzera per un tumore alla gola, nel 1926. Il librettista però è Giuseppe Adami ed è ad esso che si devono le ispirate parole che adesso andremo a sviscerare in tutta la loro meravigliosa potenza. Tutti conosciamo almeno la parte iniziale e quella finale che iniziando con un Nessun Dorma, e finendo con un altissimo e lunghissimo vincerò rimane indimenticabile, ma penso che nessuno si è mai soffermato su quello che esso rappresenta veramente sviscerandone i significati arcani nascosti. I miei occasionali studi filosofici mi hanno portato in contatto con una serie di filosofi dei quali alcuni vantavano di aver partecipato ai misteri Eleusini, ma nessuno ci ha lasciato un resoconto poiché era vietato pena la morte diffonderne i significati ai profani. Ma L'esperienza in quelle grotte e in quelle sale nere del tempio di Demetra hanno segnato così profondamente la loro vita che le loro opere non hanno potuto tacere alcune verità che sono giunte fino a noi, velate. Disse l'anonimo autore del Vangelo di Filippo: "La verità non è giunta nuda fino a noi, ma sotto forma di parole e rappresentazioni".
I personaggi sono emblematici e rappresentativi:
Abbiamo in ordine di apparizione:
I Mandarini = le forze al comando, di autocontrollo dell'anima, che la assistono e impediscono di crescere
La folla = i pensieri incontrollati, autogenerati, senza radice vivono solo se qualcuno li richiama, godono della morte del principe di Persia che rappresenta una religione che ha quasi causato l'estinzione di molti di loro con la sua purezza di pensiero.
Il Principe di Persia, rappresenta chi crede nella religione di Zoroastro, religione sconfitta e quasi estinta, vano ha cercato di dare risposta alle angosce dell'anima ma non essendo riuscito nell'impresa è stato abbattuto.


Gli enigmi son tre ma la morte è una

Le guardie = Le forze di difesa dell'anima, mosse brutalmente dalla legge
Liu = Michele, Lo spirito che ambisce con amore non ricambiato al principe/cristo
Timur = Vecchio padre assistito da Liu, non è Michele l'angelo più vicino a Dio? Il padre che cerca il figlio, la pecorella smarrita, ma no ,lo trova.



Calaf trova il padre in mezzo al caos dei pensieri, il regno dei cieli è simile ad un mercante ....
Padre! Ascoltami! Padre! Son io!
E benedetto sia il dolor per questa gioia
che ci dona un Dio pietoso!


Calaf = Il Principe decaduto, il Cristo che ritrova il padre in mezzo ai pensieri, l'illuminato, il compassionevole che innamorato folle dell'anima rischia la vita per liberarla dalle sue prigioni e condurla alla vita, il figlio prodigo.
I Ragazzi rappresentano i sicofanti, coloro che vanno ai misteri Eleusini per cercare l'illuminazione
La Luna è Persefone



    Ragazzi
    Là sui monti dell'Est la
    cicogna cantò.
    Ma l'april non rifiorì, ma la  neve non sgelò.
    Dal deserto al mar non odi tu mille voci sospirar:
    "Principessa, scendi a me! Tutto fiorirà, tutto splenderà!" Ah!



L'Ade è posto nel cielo, da dove si attende che scenda sulla terra Persefone




Quando Calaf vede Turandot
O divina belezza!
O meraviglia! O sogno!


L'uomo! Il Dio! Io! I popoli! I sovrani!
Pu-Tin-Pao! Non esiste che
il Tao!


Il principe ignoto
Nessun dorma! Nessun dorma! Tu pure, o Principessa,
nella tua fredda stanza
guardi le stelle
che tremano d'amore e di speranza...
Ma il mio mistero è chiuso in me,
il nome mio nessun saprà!
No, no, sulla tua bocca lo dirò,
quando la luce splenderà!
Ed il mio bacio scioglierà il silenzio
che ti fa mia.
Voci di donne
Il nome suo nessun saprà...
E noi dovrem, ahimè, morir, morir!
Il principe ignoto
Dilegua, o notte! Tramontate, stelle!
Tramontate, stelle! All'alba vincerò!

In India si dice che l'ora più bella è quella dell'alba, quando la notte aleggia ancora nell'aria e il giorno non è ancora pieno, quando la distinzione fra tenebra e luce non è ancora netta e per qualche momento l'uomo, se vuole, se sa fare attenzione, può intuire che tutto ciò che nella vita gli appare in contrasto, il buio e la luce, il falso e il vero non sono che due aspetti della stessa cosa. Sono diversi, ma non facilmente separabili, sono distinti, ma 'non sono due'. Come un uomo e una donna, che sono sì meravigliosamente differenti, ma che nell'amore diventano Uno. T. Terzani

sabato 14 gennaio 2012

La biblioteca del convento dei frati minori

            Il convento dei frati minori di Marcianise ha dato lustro nei secoli alla nostra cittadina. E’ stato visto come il simbolo del prestigio che Marcianise ha raggiunto progressivamente superando in importanza i casali vicini. I Frati Minori Riformati di S. Pietro d’Alcantara, vi giunsero nel 1749 e a questa data possiamo far risalire l’istituzione della loro biblioteca, che comprendeva i primi sette libri personali che costituiva il bagaglio di cultura di ogni buon frate.
Da questo primo minuscolo seme nei secoli a venire, grazie a generose donazioni fatte dalla corona o da anonimi benefattori, acquisti e anche, si suppone trasferimenti da altri conventi e case del clero chiuse, si arriva ad oggi con un patrimonio librario che supera di poco i 3000 volumi. Essi coprono un arco di tempo che va dal 1542 ad oggi.
Il lavoro di catalogazione è stato effettuato, grazie ad un software creato appositamente, e riguarda  circa il 90% del totale dei volumi. Ad occuparsene per vari anni dei volontari, che con cura e dedizione hanno provveduto a estrarre dagli involucri nei quali giacevano da circa 80 anni i libri e a issarli nell’attuale collocazione e a riempire le schede elettroniche. Volendo provare a ricostruire la storia di questa biblioteca, dobbiamo subito dire che non sappiamo quasi nulla di sicuro. Infatti mancano quasi del tutto fonti scritte che ne segnalino la consistenza e gli apporti durante i secoli. Inoltre pochi libri hanno un timbro di appartenenza e nessuno risulta appartenere direttamente al convento. Abbiamo però due punti fermi che ci possono aiutare a capire: Il primo in ordine di tempo è una lista manoscritta datata ottobre 1806, in periodo napoleonico dunque nel quale si fa un censimento della biblioteca, ma da un primo esame sommario sembra impossibile che su quei fogli ci siano tutti i 3000 volumi attuali, quindi mancano all’appello parecchie centinaia di titoli. Il secondo punto fermo è che molti di essi giacevano sul coro della chiesa avvolti in giornali degli anni trenta. Una ipotesi, guardando al gran numero di autori gesuiti, potrebbe essere che molti di essi provengono da qualche casa della disciolta Compagnia di Gesù. Abbiamo anche volume che reca il marchio della “Congrega della Carità di Marcianise”, libri scritti in lingua francese. Circa una ventina di essi sono stati stampati nel XVI secolo inoltre ci sono almeno circa 13 manoscritti.
Si resta ancora affascinati da ciò che continuamente si è scoperto e si scopre durante il lavoro di catalogazione. Per chi si accinge a fare questo tipo di lavoro si tratta di entrare nella mentalità degli antichi, di ripercorrere secoli di sviluppo sia collettivo che personale, infatti moltissimi libri contengono segni delle personalità che li hanno posseduti, come lettere, appunti, conti vari, o annotazioni sia riguardanti il libro stesso che personali, ma anche insetti rinsecchiti, per la precisione ragni e mosche. Ci sono segni sulle copertine che dimostrano la passione con la quale li tenevano stretti e sempre con se, infatti uno di essi se lo si prende in mano si affondano le dita dei solchi lasciati da quelle del suo possessore.
In un giorno imprecisato del secolo scorso un monaco scriveva: “Un giorno storto in mezzo hai tormenti”. Un altro monaco riceveva una lettera in “crescendo” dove alle lodi per la sua cara persona seguivano piano piano dei rimproveri anche molto forti sul suo comportamento ingiusto nel privilegiare un fratello a scapito dello scrivente nell’elargizione di favori monetari.
            Guardando quei libri  si vede che quasi tutti furono non solo letti, ma studiati ed alcuni addirittura meditati tutta una vita. Lo studio avveniva forse soprattutto di notte, a dimostrarlo alcune pagine che riportano ancora macchie di cera o addirittura bruciature dovute al fuoco di qualche candela prontamente spenta. Si dimostra così che essi prendevano molto seriamente questi studi tediosi, in contrasto con la mentalità leggera e superficiale che caratterizza l’epoca contemporanea. Gli argomenti di studio erano estremamente vari ma in maggioranza, ovviamente vertevano sulla teologia, dove enormi e prolisse opere sceveravano ogni parola della Bibbia e del vangelo; a seguire i sermoni e panegirici di autori famosi e meno famosi, ma anche molta storia, filosofia morale e generale, lingua latina e vari dizionari di francese, inglese latino. Ma anche il dizionario dell’Accademia della Crusca, a dimostrare che anche l’italiano era una lingua straniera. Seguono poi libri di astronomia, di fisica, di ottica, di geografia, scienza e non mancano i classici come il De Bello Gallico e gli scritti di Polibio.
            Ci sono anche alcuni libri proibiti, come quelli di Voltaire, con su la scritta “Questo libro è mal visto dal Papa”, e ovviamente i famosi indici, dove venivano catalogate tutte le opere pubblicate e considerate eretiche dalla chiesa cattolica. C’erano anche libri con le profezie apocalittiche dove a matita erano aggiunte le profezie di San Malachia e quelle di san Macario sulla cronologia dei papi .
            Per quanto riguarda le tipografia, si vede che la maggior parte è stata stampata tra Venezia e Napoli, ma abbiamo anche stampe francesi inglesi e tedesche, mentre la lingue usate vanno dal Latino al Volgare nonché Greco, Inglese,  Francese,  Spagnolo, Tedesco, Arabo ed Ebraico.